Alle volte Allen odiava l'estrema settorialità del suo lavoro.
Pensava di aver fatto un ottimo affare
quando aveva accettato quell'incarico dal professor de Bernardi. Una
cena pagata all'hotel Europa, un quattro stelle di periferia, ma pur
sempre con un ottimo chef e un'interessante conferenza indetta
dall'autore di uno di quei romanzi finto storici che tanto vanno di
moda in questo periodo.
Allen era uno storico laureato da ben 4
anni eppure ancora faceva il passacarte del suo professore di storia
contemporanea che gli aveva concesso quell'interessante opportunità.
Il suo compito era quello di essere un esperto della materia; un
recensore del Corriere gli aveva chiesto ragguagli su quanto fossero
verosimili la storia e le fonti de “Il vaso di giada” il romanzo
di Federico Fossa. In un eccesso di zelo, spinto in grande parte
anche dalla sua curiosità innata, si era spinto a partecipare a
quella serata poiché prima di conoscere il testo voleva conoscerne
l'autore, fatto raro di per se nel caso di uno storico abituato a
conoscere i testi e a dedurre gli autori da supposizioni e altri
testi.
Era arrivato una ventina di minuti in
anticipo, parcheggiando il suo motorino nel piazzale antistante il
ristorante dell'albergo, tra una familiare e un taxi.
Salutata una
cameriera molto carina e fattole l'occhiolino entrò nel salone
principale.
Questo era in stile semplice, privo di orpelli e con
una disposizione delle colonne interne e degli arredamenti più
sobria di quello che ci si sarebbe aspettato comunemente in un hotel
di lusso.
I tavoli, in legno pregiato con sedie
imbottite erano disposti su tre semicirconferenze concentriche
centrate intorno ad un tavolo di due metri, coperto da una tovaglia
bianca su cui erano disposti due microfoni.
Erano presenti già
altre persone, oltre al capo sala che all'entrata gli aveva richiesto
il documento d'identità per accertare la sua prenotazione.
Vi era
ovviamente l'autore del libro, un uomo sulla quarantina con capelli
grigi tagliati corti, che discuteva con due giovani sbracciandosi e
indicando con fare insistente un cartellone semi rigido posizionato
dietro al tavolo principale. Il problema evidente di questa reclama,
che mostrando in campo rosso la copertina del libro lo pubblicizzava,
era un errore di stampa che storpiava il nome dello scrittore.
Evidentemente non tutto era stato organizzato.
Antonio, il
giornalista che doveva produrre la critica per il Corriere, sedeva ad
uno dei tavolini centrali.
La sua figura era quella di un
trentacinquenne con un'ampia barba rossiccia e una camicia a righine
verticali rosa. Sembrava fuori posto in quel luogo d'alto livello,
mentre sorseggiava una bevanda analcolica.
Con grande sorpresa di Allen, accanto
al giornalista si trovava una delle figure da lui più odiate in
tutta Italia.
Indossava un abito lungo da sera nero
non molto ricercato. Uno spacco sulla coscia e un lieve decolette
rivelavano un corpo tonico e abbronzato. Un'acconciatura semplice
delineava i lineamenti affilati del viso, mentre una semplice collana
con pendaglio raffigurante un sole atzeco.
Laura gli sorrise,
solare, alzandosi dalla sedia e baciandolo sulle guance, con fare
naturale.
“Allen, ma che piacere vederti qui, il Signor
Vanardi mi aveva detto di aver assunto un valente storico come
assistente, ma non pensavo si riferisse proprio a te... ne devi aver
fatta di strada dall'ultima volta che ci siamo visti” Aggiunse con
fare sarcastico.
“E tu cosa ci fai qui Laura?” Rispose
scontroso Allen, ricambiando con freddezza il saluto, e dando poco
peso alla donna la superò andando verso l'inviato del
giornale.
“Buona sera signor Vanardi, spero che la serata si
riveli proficua, è riuscito a raggiungere con comodità
quest'albergo?”
“Allen buona sera! Sì, per fortuna ho
incontrato la signorina Terenzi all'università, e ha avuto la
gentilezza di accompagnarmi qui.” Il professore ci squadrò
sottecchi per un attimo, poi notando la freddezza del mio sguardo ci
graziò da domande indiscrete.
Continuammo a chiacchierare,
dopo essersi seduti ad uno dei tavoli, osservando la fine della
preparazione della conferenza. Lentamente la sala si riempì di altri
giornalisti, professori ed estimatori dell'autore. Le luci
diventarono più soffuse e i camerieri continuarono a servire
aperitivi mentre Fossa cominciò a descrivere del suo libro.