lunedì 29 dicembre 2014

Seconds

Seconds è la terza opera di O'Malley, canadese conosciuto per il suo stile di disegno semplicistico e il modo spiccio e particolare con cui fa dipanare le sue storie.
Essendo un fumetto ci sono quindi da analizzare l'aspetto artistico visivo e l'aspetto artistico "letterario".
Visivamente riprendiamo lo stile delle sue opere precedenti in cui si nota però la maturità dell'artista, avendo affinato le proporzioni. Si nota particolarmente come sia migliorato nella definizione degli ambienti e degli edifici. Menzione particolare ai colori, fondamentali nel seguire l'evoluzione della storia, spesso azzeccati e mai pervasivi.
Se non vi piacciono i bambolotti chibi però non c'è trippa per gatti, vi farà schifo.
Se invece riuscite ad apprezzarli non potrete che rimanere innamorati. 
Con pochi simboli espressivi e con le capacità motorie limitate (son sempre palle con stecchi, non corpi umani) e qualche colpo stilistico di genio, l'autore riesce a far esprimere la totalità delle emozioni umane trasmettibili da un fumetto.
Dal punto di vista letterario i dialoghi sono sempre interessanti, con presenza di metadialoghi tra autore e protagonista che ricorda vecchie opere, ma è sempre simpatico da leggere. Varie gag spezzano la drammacità di fondo. Stilsticamente è corretto e apprezzabile il lavoro dell'autore.
La trama seppur scontata viene trasmessa in maniera interessante, tanto da non permetterti di annoiarti, anzi invoiandoci a sfogliare le pagine una dopo l'altra.
Come al solito con O'malley si usano costrutti fantasiosi e non reali per parlare di problematiche dell'anima. 
Katie la protagonista è una giovane donna in carriera (chef del ristorante più rinomato della città) che all'apice della sua vita riesce a trovare il Deus Ex Machina definitivo. Un taccuino che permette di rimediare ai propri sbagli nella vita e a correggerli.
Come dicevo l'idea di fondo è banale, ma il modo in cui è orchestrata ed eseguita è benfatto ed interessante (tranne che forse alla fine).
Si raccontano le delusioni del giovane trentenne medio, i suoi dubbi e il suo rimanere ancora legato ad una giovinezza passata da poco (frecciatine) in maniera ironica ma decisa. Tanto che verso la fine dell'opera la drammaticità intrinseca del racconto non viene per nulla scalfita dallo stile bambinesco di disegno.
Non si ha bisogno di un protagonista in cui ci si identifichi, o personaggio secondari eccezionali e strambi per poter raccontare una bella storia.
Si ha solo bisogno di un bel racconto e dei giusti attori. Se vuoi raccontare della normalità, hai bisogno di persone normali, con i loro problemi anche inserendoli in una strana storia di mistery e fantastico.
La definirei una favola moderna, in stile Grimm (quindi non disney), senza la violenza di fondo.
Consiglio questo fumetto, perchè è una bella lettura, interessante e non vuota; permette di pensare e ragionare seppur intrattenendoti.

sabato 18 ottobre 2014

La solitudine

La Solitudine non è una condizione in qualcuno si può trovare a causa di condizioni esterne.
La Solitudine è uno stato dell'anima.

Ci ritroviamo a vivere in una società che basa ogni suo piccolo rintocco di lancetta sul concetto di individualità al servizio di altri, sconosciuti e incontattabili. Perfino la tua stessa persona spesso è scambiata per un'altro: colui che riceve lo stipendio, colui che acquista, colui che osserva o viene osservato; in altre epoche spero che il rapporto personale con la propria individualità sia stata rispettata.

La scienza e il giornalismo però paiono volerci ricordare tramite una semplice definizione che questo stato della situazione sia incorretto, definendo l'uomo "animale sociale", simile all'ape che priva della sua compagna non potrebbe continuare a svolgere il suo compito, vivere.

Non riesco a comprendere quindi lo stato d'animo in cui si ritrova una persona in cui la propria aria è contata e non condivisibile, gli spazi si allargano e le lancette percorrono incessanti un periodo di avanzata e ritrazione sempre sullo stesso secondo, minuto, frazione d'ora

Non è per definizione contro Natura?

venerdì 26 settembre 2014

Una breve estate di foto

Sessione di foto di questa breve estate. Alcune delle mie preferite, tali che non siano in numero sufficente da dare noia!






























Premoderati

Il Post-redazione ha deciso di premoderare i commenti ai propri articoli.
In poche parole si sceglie di abbandonare la possibilità di lasciare uno spazio libero e aperto ai commenti di qualsiasi genere per poter, tramite un lavoro di controllo per ogni singolo commento decidendo quale consono all'articolo e quale no, di migliorare la qualità media della discussione sulla propria rete.

Sò solo che così ho perso un luogo che spesso in giornata ricercavo, e perdo così anche la possibilità di sentire ragionamenti di persone che io stimavo se non intelletualmente, seppure mi è capitato spesso, almeno umoristicamente.

Addio caro George! Addio strana fp57!

Allegati:

http://www.ilpost.it/2014/09/22/la-casa-dei-moderati/

http://www.mantellini.it/2014/09/24/premoderati-al-post/#comments

lunedì 19 maggio 2014

L'UOMO CON TROPPA TESTA

Nel Febbraio del 18** una strana superstizione iniziò a circolare per l'Europa continentale: si trattava, alcuni lettori lo ricorderanno, del così detto "Uomo con la Doppia Testa" o, per i detrattori, l' "Uomo con Troppa Testa". Questo misterioso essere fu avvistato la prima volta da una signora di Avignone, che lo vide appoggiato a un albero sotto un cartello. L'uomo sembrava avere, disse la signora, "un'altra testa sopra la testa, ma non la faccia, solo la parte sopra della testa, quella in cui ci vanno i capelli". L'uomo riapparve alcuni giorni dopo in una piazza di Parigi. Si formò immediatamente un capannello di curiosi. L'uomo venne descritto come un individuo normale, ma, secondo le parole di un testimone, "portava al di sopra della testa come una sorta di enorme carosello tagliato a metà" – si intende qui l'ecotipo di carosello tondeggiante e simile a un pomodoro – "anche se ora che ci penso anche la sua testa sembrava un po' un carosello, ma di quell'altro tipo" – lo spettatore allude all'ecotipo di carosello allungato detto 'falliforme' – "per cui l'insieme era strano ma armonico". L'individuo si era svincolato dal gruppo di curiosi ed era scomparso in una viuzza. Alcuni studiosi supposero che l'uomo avesse per una malformazione il cervello al di sopra del cranio. Poiché l'uomo era stato descritto molto magro e dall'apparenza quasi fragile, che sembrava combattere il vento come un fuscello, si escluse la possibilità di un nuovo soldato automatico Prussiano volto al macello dei Francesi. Nell'appello dei giornali scientifici alla calma e alla ragione molti intellettuali, professionisti o dilettanti, iniziarono a speculare sul soggetto: alcuni lo ritenevano lo scherzo di un monello, altri un assurdo gioiello posto in cima a un'elaborata capigliatura 'ancient régime', altri, e quello per un po' parve il modo più sensato di risolvere la questione, ritennero che tutti i testimoni oculari avessero mentito, questo per farsi bello, quello per non essere diverso dagli altri, qualcuno per sentire il campanello della gloria o per provare un piacere sadico nell'appello stesso della stampa scientifica che quelle dichiarazioni avevano suscitato. Tuttavia mentre questa spiegazione si abbassava come un martello a spianare il problema, trenta nuovi avvistamenti resero gli autori dell'articolo lo zimbello della società: in dieci punti della Francia e della Germania svariati testimoni videro un uomo con un fagottello e un'aria straniera aggirarsi con una seconda specie di testa sopra la testa. I testimoni ripetevano lo stesso indovinello: "Non il viso, ma la parte di sopra, quella che quando piove ti si bagna per prima".
Venni chiamato ad investigare con una squadra di ricercatori. "Dovete battere ogni strada, stradina e ponticello" mi ripetevano in ritornello. "E nello stesso istante in cui vedete un uomo con troppa testa, lo dovete arrestare, a ogni costo". Con me erano il Colonnello Headlin e il prof. Lure, inventore del fornello. Eravamo un drappello di intrepidi, mi sentivo vicino a ognuno di loro come a un fratello gemello. "Cercheremo in ogni bettola, locale, spogliarello, nella tana di ogni pipistrello, nel peggiore tugurio, guarderemo nel fardello di ogni pellegrino, esamineremo l'anello di ogni signora, guarderemo ogni brandello di proletario, fermeremo ogni carro, cavallo o cammello, interrogheremo ogni frate, padre, fratello o confratello, guarderemo nello stesso pozzo del mondo e nel manico di ogni ombrello -"
"Sì signore!" gridammo per fermarlo e iniziammo la caccia. Il nostro manipolo era snello ma la missione difficile. Seguimmo gli avvistamenti: un morello ci rimandò a un contadinello che ci mandò dal proprietario di un uccello che aveva visto l'uomo parlare con un ragazzo che accudiva un vitello, il quale ragazzo, corrotto con del caramello, ci mandò avanti di un altro livello indicandoci un falegname con un unico lungo capello a cui lui in persona aveva indirizzato il misterioso individuo perché questi cercava uno sgabello. Raggiungemmo il falegname rapidi come un flagello, prendendo ogni traccia al rastrello. Il falegname disse che l'individuo aveva appena saldato il conto e ci indicò una strada. In fondo vedemmo un individuo allontanarsi in mantello, un fiore all'occhiello, leggero come un granelo di sabbia e sopra la testa, una specie di seconda testa poggiata di lato. Afferrammo corda e manganello e seguimmo contro quell'uomo alto e smilzo come un pennello. Giunto a un oscuro castello con una torre alta e stretta che sembrava un coltello, il nostro novello mostro cominciò ad aprire il portone quando ci scoprimmo e lo arrestammo. Non voleva cedere e si ingaggiò in un breve duello che finì quando Headlin lo colpì sulla faccia con uno sportello di legno. Allora avenne una cosa straordinaria: la sua mostruosa escrescenza cranica saltò via dalla testa e rotolò per qualche metro in un tentativo di fuga, per poi fermarsi in una pozzanghera a scolorirsi come un acquarello. Ora l'uomo aveva messo un'aria innocente d'agnello. Lo caricammo sulla carrozza e portammo anche l'orrenda cosa. Mentre traversavamo il fiumicello del bosco Headlin, giocherellando con un ramoscello, non seppe resistere ed iniziò a interrogare quello strano soggetto, che pareva disegnato a pastello.
"Cos'è questa storia?" chiese. "Parla pivello".
"Quale storia?".
"Questa specie di escrescenza verde pisello".
"Non è un 'escrescenza".
"Un sovra-testa!".
"Fuocherello".
Ormai eravamo al cancello del più vicino palazzo di giustizia, proprio a fianco del bordello, in cima a un monticello piuttosto bello. Il venticello muoveva le tende della carrozza.
"Si tratta di un modello" disse l'uomo, "di quello che sarà il più diffuso oggetto del futuro. Ero stufo, a litigare col vicino, di essere colpito col randello; quando piove, di aprire l'ombrello; di avere tutti i capelli all'aria quando andavo sul battello. Per questo ho inventato - ".
"Cosa?".
"L'iper-calotta sovracranica" disse l'uomo.

Fine.



lunedì 12 maggio 2014

GOSH: #2


La notevole proprietà all’angolo tra Wimbury Road e Trafalgar Lane veniva ricordata nel vicinato per l’ardito motivo medievale che contornava le sue mura di cinta.
Era abitata da tale Louis de Fraberge, ex ufficiale della corona. Abitava in quella via da anni, ma ben pochi dei suoi vicini lo avevano visto fuori se non durante qualche festività per il compleanno del Re.
Il possente cancello aveva ormai ceduto alla ruggine creando una serie di fessure tra le sbarre che permettevano di vedere il giardino incolto. Grandi alberi esotici e cespugli che superavano i loro bordi.

Nick Greon entrò all’interno del giardino camminando sul selciato sconnesso del vialetto d’ingresso. Tra l’erba notò subito delle strane sacche curve e una strana statua rappresentante la terra, con i suoi confini squadrati tra le colonne d’ercole e le cascate delle terre del Gange.
Ma dall’anziano de Fraberge non si sarebbe aspettato altro.
La facciata della casa era trasandata quanto il giardino, con vari vetri rotti e piante parassite tra il colonnato e il balcone padronale.
Nick osservò l’interno polveroso di una delle stanze, probabilmente il salone. Vi era un grande tavolo di marmo. Con varie macchie di liquidi dai diversi colori. Vi si formavano varie figure una dentro l’altra e parevano dovute alla detonazione di qualche strano composto chimico. Per terra tra svariate cartacce e libri, bottiglie dai colori dell’arcobaleno iridescenti.

Nick provò ad entrare dalla porta principale e questa era aperta!
Il corridoio era più piccolo di quel che si aspettasse, con due grandi librerie. Camminando all’interno diede una scorsa alle costine.
Lavorazione del cuoio, Allevamento questa ignota attività della Sardinia.
E nell’altro scaffale.
Il vetro e i cristalli. L’ostrica e i suoi prodotti.

Nick non capiva. Nick continuò ad attraversare il corridoio come se conoscesse la sua via.
Ed entrò in uno studiolo. Lì vi era un modello di un edificio poggiato su una scrivania. Una piccola dedica a Newton nel basamento. E il modellino era rotto. Fessurato.
E accanto al modellino un vecchio con la sua vestaglia dormiva su una poltroncina. Il viso appoggiato sul tavolino.
Sembrava dormire… ma le sue spalle non erano mosse da nessun respiro. Gli occhi vitrei avevano in sé un luccichio di vittoria, l’espressione del viso, fissa nella morte, era estatica e per certi versi folle .
Un braccio era disteso lungo di un fianco. L’altro sulla scrivania, disteso. E la mano sembrava reggere qualcosa con una stretta spasmodica.
Nick si avvicinò e osservò l’oggetto. Pareva una piccola asta di metallo, delle dimensioni di una moneta o poco più. Pareva acuminata. Sembrava l’aculeo di un’animale.

Non si scoprì mai la sua funzione, né cosa avesse destato tanto interesse nella mente di Louis.
Pare che la causa delle morte fu del gas contenuto nelle varie sacche di cuoio piene di fessure e squarci, che trovarono nello studiolo del vecchio.

P.S.
Avete capito quali oggetti sferici ho citato e che oggetto aveva in mano Lousi?  Avete capito a quale figura comune nei vicinati mi sono ispirato nella creazione del vecchio? 
Giochino fatemi l'elenco!
Rispondete nei commenti!

P.P.S.
Il titolo del racconto è "Spillo". 

sabato 3 maggio 2014

Gosh: Grandi Oggetti & Scienziati Comuni H, l'h è muta

<<Poffare esimio codesto objietto in qual guisa si adopra? >>
-Generico membro della società reale di scienza-





I grandi scienziati e l'invenzione degli oggetti comuni,
Un progetto di racconto svago tra due amici, folli, che usano divertirsi in maniera sbagliata. Avete mai letto quei bellissi racconti o romanzi dell'800 in cui l'amore per la scienza e lo stupore del curioso sono osservati dietro lenti di corno spesso, librerie polverose e viaggi in treno o nave simili a grandi esplorazioni? Parlo di Verne e Wells, con un misto di Doyle e tutti quegli scrittori che amavano immaginarsi il futuro e la scienza. Bene e cosa succederebbe se uno di questi esimi "pennivendoli" dovesse illustrare l'invenzione di oggetti comuni di tutti i giorni (seppur utilissimi) invece delle classiche "macchine del tempo"? Questo e successivi scritti sono il nostro tentativo nell'indagare la questione!
I MERAVIGLIOSI PERIPODI DEL PROF. R di Yuri



Eravamo stati invitati a casa del prof. R per una dimostrazione. Nessuno di noi sapeva esattamente che cosa aspettarsi: il prof. R sa essere piuttosto imprevedibile, quando vuole.
Si trattava di una dimora dall'aria piuttosto severa, quasi aspra, ma l'interno era piacevolmente imbottito. Attraversando il giardino notai che il luogo era meravigliosamente silenzioso; piccoli fiori lilla rallegravano il sentierino che conduceva al vecchio portone.
Nell'elegante salotto in stile Vittoriano erano accomodati, essendo arrivati prima di me, il prof. Manz, il dott. Coulebert e il prof. Clariote.
"Sembra che io sia arrivato per ultimo" dissi dando il soprabito alla servitù.
"Non si preoccupi di questo" disse il dott. Coulebert, "la conversazione con questi signori è quanto mai interessante".
"Ma dov'è il professore?" chiesi prendendo posto su una grossa poltrona imbottita, mentre una domestica mi passava una buona tazza di te'.
"Non sappiamo" disse il prof. Manz. "Ha fatto sapere che tarderà un po'".
Proprio in quel momento la grossa doppia porta a vetri screziati si aprì ed entrò il prof. R in persona. Era un uomo alto e magro, piuttosto bizzarro, allampanato, sulla cinquantina, con ciuffi di capelli grigi.
"Scusate moltissimo l'attesa signori", disse. "Ero occupato nelle ultime modifiche di ciò che vi voglio mostrare".
"Ci chiediamo infatti tutti cosa possa essere" disse il dott. Clariote.
"Vi sarà chiaro tra non molto" disse il prof. R sedendo sulla poltroncina rossa. "Intanto permettetemi di offrirvi un'altra scatola di biscotti".
Ringraziammo e attingemmo profusamente.
"Prof. Manz" disse il nostro ospite, "Ha avuto problemi durante la strada?".
"No" rispose il prof. Manz, "Cosa intende dire?".
"Sassi, ortiche, cocci di bottiglia".
"Le solite cose. Ma per fortuna una delle sue serve mi ha fornito tutti i cerotti necessari".
"Ben presto i cerotti da alluce e le garze non saranno più necessari".
"Come sarebbe?" chiedemmo all'unisono.
"Il prof. R ha forse inventato un modo di pulire le strade da ogni asperità?" chiese Coulebert.
"Ancora meglio di così dottore, ancora meglio" disse il prof. R e suonò un piccolo campanello. "Albert, puoi venire".
Allora la doppia porta da cui era entrato il professore si aprì di nuovo e vedemmo venire avanti un maggiordomo alto e ben vestito con un carrello coperto da un drappo. Il prof. R sollevò il drappo, mostrando due oggetti pressoché identici, di cui non riuscimmo a capire la natura. Erano come degli involucri, non proprio delle scatole, ma una sorta di sacchi semirigidi, dalla forma alquanto bislacca e aperti da un lato.
"Signori, vi presento i Peripodi Anficutanei".
Tutti ci alzammo in piedi e venimmo intorno ai misteriosi arnesi, riempiendo di domande il nostro ospite.
"Che cos'è?" chiese il prof. Menz.
"E' chiaramente un sistema per misurare la potenza del vento!" disse il prof. Clariote. "Basta porre questi oggetti su un luogo esposto e, se volano via, signifca che la velocità del vento è al di sopra di un certo valore. Ho indovinato, prof. R?".
"Ha sbagliato più di quando le ho chiesto cosa potesse farci con la sua penna a cubo" rispose il prof. R. "Servono per i piedi".
"Cosa?!".
"Se inseriamo i piedi all'interno dei Peripodi" spiegò il prof. R, "questi strumenti avvolgeranno le nostre estremità come una sorta di sacca protettiva".
"A cosa serve questa parte rigida?" chiese il dott. Coulebert.
"E' una sorta di superficie traslabile" rispose il prof. R. "Ho avuto l'idea studiando alcuni elementi di geometria euclidea. I primi Peripodi che ho creato ne erano sprovvisti, ma i sassi appuntiti riuscivano a penetrare la sacca, ferendo in ogni modo i miei piedi".
"Ma lei ... " disse Menz, "ha già testato gli strumenti, professore?".
"Certamente!" disse R scaldandosi. "State a vedere".
Così dicendo poggiò con estrema cautela gli oggetti a terra. Dopodiché inserì uno dei suoi piedi nella prima delle due sacche, attraverso la parte lasciata aperta. Il piede vi scomparve, come inghiottito. Tutti ci allarmammo.
"Stia attento" disse Menz.
"Si farà male così!" disse Coulebert.
"Tranquilli signori tranquilli, è tutto sotto controllo" disse il prof. R e inserì l'altro piede nella sacca rimanente.
"Ma appena proverà a camminare" disse Menz, "i suoi piedi ne verranno fuori".
"Qui sta la parte più ingegnosa del meccanismo. Un complesso sistema di cordicelle che ho costruito io stesso permette, come potete vedere" e così dicendo egli iniziò una serie di complicate manovre con dei lacciouli attorno alle sacche, "di trattenere la sacca Anficutanea attorno all'estremità".
Quando ebbe finito, il prof. R fece tre passi. Tutti sbalordimmo e qualcuno gridò.
"Lei rivoluzionerà il mondo!" non poté trattenersi Menz.
"Ora signori, vorrei chiedervi un favore" disse il prof. R. "Se non dovessi tornare, dite all'Accademia che ho rubato tutti i miei articoli".
"Che cosa intende fare?" chiesi.
"Voglio uscire per strada con gli Anfipodi. E vedere fin dove posso arrivare".
"Lei è pazzo!" esclamò Coulebert. "Le bloccheranno la circolazione!".
"Professore" disse Menz, "potrebbe accasciarsi al suolo".
"Staremo a vedere amici miei" disse il prof. R uscendo dalla stanza a bordo dei suoi meravigliosi Peripodi. "Staremo a vedere".
Rimanemmo soli nella stanza, in un grande silenzio, a guardarci l'un l'altro.
"Cos'è che ha detto dei suoi articoli?" chiese infine il prof. Menz.

Fine.

martedì 11 marzo 2014

Il sorriso mezzo triste di una viaggiatrice in treno freddolosa che sbuffa alla  finestra osservando il vetro appannato.Osservare il mondo attraverso quella patina che rende tutto il più romantico. E ringraziare per ciò il riscaldamento non funzionante e  le storture delle ferrovie italiane.
Penso che questa ironia sia il senso della vita.

sabato 1 marzo 2014